Yannick Demaria

Siamo il futuro che si difende: il futuro che si farà!

LETTERA DA DAKAR: GIUSTIZIA CLIMATICA PER IL FUTURO

“Nessuno può immaginare cosa può fare a noi poveri il cambiamento climatico che dobbiamo subire”. Queste le parole di Ndeye, una donna di Bargny, un antico villaggio di pescatori alla periferia di Dakar che, disperata, ha visto la propria casa inghiottita dalle acque, insieme ad altre cento, a causa dell’innalzamento dell’oceano.

Le popolazioni più vulnerabili, le meno responsabili delle emissioni – e questo vale anche all’interno delle singole nazioni – subiscono gli impatti più gravi del riscaldamento globale. Per questo il ricorso alla giustizia climatica è il solo approccio eticamente corretto di fronte a questa emergenza, profondamente legata ai diritti umani. Le recenti prese di posizione dalla Corte Internazionale di Giustizia (23 luglio 2025) e dalla Corte Europea dei Diritti Umani hanno confermato questo legame, stabilendo che l’azione climatica è un dovere internazionale e che la violazione di tale dovere può costituire un atto illecito. Del resto nel 2024 la CEDU aveva già condannato la Svizzera per aver violato i diritti umani attraverso politiche climatiche inadeguate o insufficienti.

Non agire è un atteggiamento irresponsabile. È troppo evidente l’aumento, anche da noi, della frequenza e dell’intensità di eventi meteorologici estremi, così come sono evidenti le cause e gli effetti del riscaldamento globale.

Uno studio del Politecnico di Zurigo (2025) conferma che il 10% più ricco della popolazione mondiale (compresa la Svizzera) è responsabile del 65% del riscaldamento osservato tra il 1990 e il 2010, mentre il solo 1% è all’origine di un quinto dell’aumento delle temperature.

Tutti i dati (vedi Oxfam 2024) giustificano la pertinenza dell’iniziativa federale “Per una politica climatica sociale finanziata in modo fiscalmente equo (iniziativa per il futuro)”, su cui si voterà il 30 novembre, perché ha il merito di introdurre nel dibattito pubblico l’identificazione delle reali responsabilità della crisi climatica, l’urgenza della ridistribuzione della ricchezza e la necessità di tassare le eredità sproporzionate.

Fermo restando che l’iniziativa si riferisce esclusivamente alle successioni oltre i 50 milioni per le persone fisiche, noi pensiamo che esista una grande contraddizione tra il principio liberale del merito, che dovrebbe costituire la base del successo economico individuale, e quell’accumulazione della ricchezza che avviene attraverso un meccanismo ereditario che perpetua le disuguaglianze riproducendo lo stesso schema della discendenza nobiliare dell’ancien régime.

Dalla signora Ndeye abbiamo sentito un’espressione bellissima che, in lingua wolof, sintetizza l’essenza più alta del concetto di giustizia sociale e ambientale: “Jàmm ak dëgg ak njàkk”. Jàmm è pace, benessere e sicurezza; njàkk significa ambiente, natura, equilibrio; dëgg verità e giustizia. Una speranza “per il Futuro”!

Articolo apparso il 11.09.2025 sul Corriere del Ticino.

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